Header del Portale dell'Educazione Finanziaria - quellocheconta.it

Bocciati. Di finanza capiamo troppo poco

Leggi l'articolo originale su

www.corriere.it

Contenuto della notizia


Solo il 37 per cento degli italiani conosce le informazioni fondamentali per capire come funzionano i mercati. Serve un piano nazionale, che oltre 60 paesi hanno già. Da noi parte ora, basandosi sul lavoro del Comitato guidato da Annamaria Lusardi, voluto dal governo dopo le crisi bancarie in cui sono stati coinvolti molti risparmiatori. Meglio tardi che mai. E bisogna sperare che lo sforzo non finisca nel nulla.
Il campo dei miracoli, come quello descritto nel Pinocchio di Carlo Collodi, è esistito veramente. In certificati fantomatici, paradisi inesistenti, moltiplicatori planetari di investimenti e, più recentemente, in quei titoli bancari con i quali si promettevano contestualmente bassi rischi ed alti rendimenti. Ma quanti altri campi dei miracoli sono nascosti nelle pieghe dell’universo delle suggestioni finanziarie, soprattutto in quelle non regolate. Lo schema Ponzi, applicato per esempio nello scandalo Madoff del 2008, prende il nome da un intraprendente immigrato italiano negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso. Le analogie tra i bulbi di tulipani e alcune criptovalute, come i bitcoin nascosti nelle miniere del web, ripropongono le illusioni degli zecchini sotterrati di Pinocchio. I controlli più severi sono necessari, ma non bastano. Con la Mifid 2 sarà possibile anche bloccare proposte poco chiare o insidiose prima che vengano offerte al pubblico. Ma la vera prevenzione da truffe e raggiri, da quello che potremmo definire il secondo mestiere più antico del mondo, è legata a una più elevata e consapevole educazione finanziaria. Di tutti. Non solo dei giovani ma, a maggior ragione, degli anziani. 
Prossime tappe
Entro il 14 febbraio dovrà essere completato, con i pareri delle Camere, l’iter formativo del Programma per la strategia nazionale di educazione finanziaria assicurativa e previdenziale che avrà, subito dopo, la forma di un decreto dei ministri Padoan (Economia) e Fedeli (Istruzione). Che cosa si cela dietro questa pomposa e ambiziosa denominazione? Prima di tutto la constatazione di un drammatico distacco italiano nella cosiddetta financial literacy, cioè in soldoni nella capacità del singolo cittadino di non farsi imbrogliare.
I numeri
Uno studio recente di Standard and Poor’s mostra come l’Italia abbia uno dei livelli più bassi di educazione finanziaria in Europa e tra i Paesi industrializzati dell’Ocse. Solo il 37% della popolazione adulta possiede nozioni sufficienti. A notevole distanza da Paesi che raccolgono percentuali più che doppie, come Germania, Svezia, Danimarca, Olanda e Canada. E non solo perché hanno più laureati ma perché da tempo realizzano programmi pubblici di alfabetizzazione finanziaria al pari dell’educazione civica e di quella stradale. Ecco un esempio calzante. I cittadini non possono essere, nelle scelte di risparmio e di investimento, alla stregua di automobilisti o pedoni ignari della segnaletica stradale. Del resto i cartelli di pericolo, le indicazioni di prudenza non sono poi tantissimi. In un articolo sul Journal ofFinancial Literacy si spiega che le domande chiave rivolte ai risparmiatori per saggiare la loro preparazione ruotano attorno al significato di tasso composto, al concetto di inflazione, alla diversificazione degli investimenti e al rapporto tra rischio e rendimento.
La crisi dei sistemi previdenziali, messi a dura prova dai mutamenti demografici, richiede in tutto il mondo occidentale — e l’Italia non fa eccezione nonostante abbia rimosso il tema del secondo e del terzo pilastro pensionistico — una preparazione dei singoli in grado di pianificare correttamente il proprio ritiro. Un altro interessante articolo pubblicato su Economic Inquiry parla del caso dei dipendenti della Federal Reserve, tra i meglio attrezzati su questioni finanziarie. Coloro che rispondevano correttamente al questionario si dimostravano i più avveduti nel planning pensionistico. E i meno inclini a indebitarsi oltre un limite, a prendere a prestito soldi già accantonati per la pensione o a sottoscrivere mutui troppo onerosi. Il basso livello di conoscenze finanziarie contribuisce ad accentuare, anche del 30 o 40%, la wealth inequality, le differenze nel livello di benessere. Relazione negativa di cui si sono occupati diversi studiosi sul Journal of Political Science. Tra gli autori Annamaria Lusardi che insegna alla George Washington University School of Business ed è stata scelta per guidare il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria costituito dal ministero dell’Economia. Un organo previsto dalla legge Salva Risparmio del 2016.
Il programma
Come si articolerà dunque questo ambizioso programma triennale di alfabetizzazione finanziaria degli italiani? Il primo passo dovrebbe essere, nelle prossime settimane, l’avvio di un portale web, di cui si sono già dotati molti dei Paesi, una sessantina, che hanno intrapreso programmi analoghi. Sarà in una versione sperimentale e aperta a tutti i consigli e i possibili miglioramenti suggeriti dai vari soggetti di mercato e dai rappresentanti delle varie associazioni. Conterrà l’illustrazione di casi noti, trappole comportamentali, consigli pratici di base. Verrà lanciato il mese dell’educazione finanziaria con una visibile campagna pubblicitaria e iniziative concentrate soprattutto nelle scuole. L’ultima rilevazione Pisa (Programme for international student assessment) del 2015 mostra un discreto miglioramento, rispetto al 2012, delle conoscenze finanziarie dei giovani italiani, anche se siamo ancora sotto la media dell’Ocse. Dunque, c’è molto da fare. Le iniziative sul territorio non sono comunque poche e dovrebbero essere state censite il mese scorso.
Vantaggi e limiti
Uno degli aspetti più positivi del programma è una specifica attenzione ai gruppi più vulnerabili, come anziani e migranti per esempio, e ai piccoli imprenditori che sono stati tra le vittime delle crisi bancarie. Le intenzioni sono buone. I fondi però sono ancora limitati: un milione l’anno per i primi tre anni. Non va dimenticato poi che all’educazione finanziaria nel Salva Risparmio del 2016 si è pensato solo all’ultimo, in extremis, nel disinteresse generale. E se la strategia dovesse esaurirsi in poche e limitate iniziative, l’effetto negativo sarebbe ancora più devastante, sintomo di un Paese senza memoria nel quale non sono pochi quelli che contano sull’oblio accelerato di truffe e raggiri. Una volta si diceva che il risparmiatore aveva una memoria d’elefante e gambe di lepre. Purtroppo era una leggenda.
 
 
Articolo aggiornato il 28 giugno 2019